Atto d'accusa contro ogni forma di ingiustizia - Giornale periodico on line a carattere politico e culturale
vincenzo teresa e romolo 21 agosto 2013 - 600 pxlutto fasciaCaro zio Vice, o zio Vecenzino, così ti chiamavamo tutti noi nipoti, oggi sei tornato a casa tua. In una bara. Volevi tornare da tempo e goderti il mare dalla tua veranda insieme alla tua inseparabile e amata moglie, zia Teresa, da tutti affettuosamente chiamata Titì, come si usa al Sud, ma il destino ha deciso diversamente.
Abitavate a Reggio Calabria ma spesso tornavi con la compagna della tua vita al tuo paese natìo dove avevi una casa che guardava il mare, accogliente ed ospitale con tutti.
Dobbiamo farcene una ragione e pensare che hai finito di soffrire. Non voglio aggiungere altro. Il dolore e la rabbia mi sommergono. Non doveva finire così! E nemmeno cominciare, quel maledetto 14 agosto 2013, due mesi e 14 giorni fa.

Voglio ricordarti così, come in questa foto che ti scattai il 21 agosto scorso, nella “casa di riposo Universo” ad Africo dove sei stato ospitato insieme a zia Titì. Giocavi a carte con lei e mio padre, tuo fratello Romolo, che era venuto a trovarti con le sue due figlie, io e Luciana, mia sorella. Papà vi aveva coinvolto al gioco per passare un poco di tempo, era il suo modo per fare finta che nulla era accaduto… Da una settimana stavate lì e speravate che, “terminati gli accertamenti medici” per i quali eravate stati condotto in quella struttura, questo vi era stato detto, sareste tornati a casa vostra. In molti si ricordano delle passeggiate mano nella mano, te e zia Titì, sul lungomare di Ferruzzano, prima di ferragosto. Poi siete stati portati “gentilmente” in casa di riposo! Riposo da che e perché? I più morti di fame hanno una badante, anche due. Ormai siamo invasi dalle badanti. E voi, perché no? Eravate una famigia benestante di professionisti! Perché all’ospizio, in parole povere? 

Io purtroppo avevo previsto questo esito infausto! Tre lettere inviate alla struttura ospitante il 30 e il 31 agosto 2013 lo testimoniano. Nessuna risposta ho ricevuto dai responsabili a cui erano indirizzate! Parole al vento! Io sono un medico e ho parlato e scritto con perizia. Purtroppo vedo che avevo ragione...

Ma non avevo la possibilità di intervenire oltre questo. Davanti ai figli dei miei zii “ospitati” nella struttura convenzionata e paganti comunque, io dovevo tacere! Sono stata isolata dai cari congiunti perché osavo contravvenire alle regole dettate in via diretta “lineare verticale e orizzontale” di sangue! Direttive pedissequamente ottemperate dai dirigenti della struttura. Eppure mio zio non era interdetto, come non lo è mia zia, ancora ospite nella struttura dal galattico nome "'Universo". I miei zii erano capaci di intendere e volere ed erano autosufficienti.  Ma inermi e indedeboliti come lo possono essere le porsone anziane.

Zia Titì, ignara che da ore suo marito è morto, marito da cui non si è separata un attimo dal momento del loro matrimonio, oltre cinquantanni fa. Ha visto portare via Zio Vice qualche giorno prima all'ospedale di Locri e non lo ha visto ancora tornare. Secondo le consegne del silenzio, imposte da chi ha imposto il loro di ricovero all'ospizio, più ipocritamente chiamato "struttura d'accoglienza", non deve sapere. Non deve accompagnare suo marito nell'ultimo viaggio domani pomeriggio al camposanto di Ferruzzano. In quel cimintero dirupato e pericolante di cui ho tanto scritto purtroppo un anno fa, su questo stesso giornale. E per le mie denunce sono stata denunciata dalla sindachessa del borgo che non ha gradito che televisioni, Telemia, e i miei giornali facessero vedere immagini terrificanti del luogo dove tutto dovrebbe essere santo. Ma è abbandono e pericolo!

L'amore, l'accoglienza, la cura, il proprio ambiente e i propri cari sono la vita. L'ospizio è l'abbandono. L'isolamento. Il carcere da innocenti. Riflettiamo su questi temi. Se ancora non siamo totalmente accecati dall'egoismo. La visita il fine settimana dei cari più cari è terrificante. Non ripara niente. Acuisce l'assenza. La consegna era: nessuno li deve andare a trovare. Perchè si abituino al ritiro "forzato". Io sono andata, contravvenendo agli ordini. Come sono andati mio padre, mia madre, mia sorella e pochi altri coraggioosi. Tutti gli altri hanno eseguito gli ordini di figli e del fratello di zia Titì. I più diretti. Mio padre ha cercato in ogni modo di mediare ma invano. Questi ordini categorici di lasciarli lì "per il loro bene"sono stati eseguiti. Ora piangono e si disperano...

Mio padre, tuo fratello caro zio Vice, oggi è inconsolabile più che mai! Eri il suo fratello più piccolo, l’unico rimasto, e ti ha protetto per quanto ha potuto. E’ quasi cieco e veniva a trovarvi tutti i giorni, anche cercando passaggi sulla strada, non guida più,  sperando di portarvi a casa prima o poi.  Ma…
Io credo che quando hai perso le speranze di potere uscire da lì hai deciso di morire. Il tuo cuore ha ceduto sotto tanto dolore. E forse anche altro...

E oggi sei tornato in una bara. Eri una persona speciale. Serio e giocoso. Gran lavoratore e buon amico. Affidabile sempre. Da bambina eri lo zio giovanotto che mi faceva divertire. Ti ricorderò sempre con immenso amore. Come ricorderò per sempre zia Teresina tua sorella, morta appena poco più di un anno fa e Mimì, tuo nipote, mio cugino come fratello. Ricorre tra due gioni, il 30 ottobre, un anno dalla sua prematura e tragica morte. Come lo sono state le vostre. In poche settimane e tutto si è compiuto.

Tua nipote Ernesta Adele da Roma

Nella foto: in alto a sinistra Vincenzo Giuseppe Marando, al centro sua moglie Teresa Scordo e a destra Romolo Marando, mio padre. Foto scattata la mattina del 21 agosto 2013 all' "Universo" 
lutto fascia

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