Atto d'accusa contro ogni forma di ingiustizia - Giornale periodico on line a carattere politico e culturale
avvgiuseppelupis.jpgDopo la lettura, stamattina, dell’articolo firmato “c.s.” a pag. 15 de “Il Quotidiano della Calabria” di oggi, 26 gennaio 2007, sotto il titolo: ”L’avvocato e la contessa a giudizio per la pistola”, sono inevitabili alcune considerazioni come di seguito sintetizzate:

Io credo che bisogna essere onesti. Prima di essere buoni, prima di essere bravi. E se si fa il mestiere di giornalista, per essere credibile e affidabile il giornalista e la “sua testata” devono essere onesti e per onestà si intende dare le notizie a “ tutto tondo”, non tagliare una parte ed esaltarne un’altra distorcendo completamente i fatti o dandone un’interpretazione che induce i lettori a farsene un’idea, dei fatti e delle persone, completamente diversa dalla verità. Si tratta in questo caso o di un giornalista ignorante o di un giornalista in malafede in odore di arruffianamento con i poteri prepotenti, non mi piace dire forti. Perché forti non lo sono. I poteri forti sono autorevoli e qui di autorevolezza nemmeno l’ombra!

Si tratta del giornalista a firma c.s. che appunto a pagina 15 del quotidiano della Calabria del giorno 26 gennaio 2007, scrive un articolo, dal titolo da telenovela: ”L’avvocato e la contessa a giudizio per la pistola”. In tale perla di letteratura si legge una storia che, per chi non ne ha seguito le puntate precedenti, non ha né capo né coda. Una storia rivolta a confondere le idee, non a informare correttamente i lettori.
Una storia che comunque, di proposito, getta ombre lunghe sull’avvocato Giuseppe Lupis noto per le sue battaglie legali a favore della vera verità e del giusto processo, noto perché ha sempre additato senza paura dove sta il marcio e guarda caso ha fatto un’ennesima mossa sbagliata: ha osato querelare un magistrato di nome Curcio Salvatore che, nell’esercizio delle sue funzioni ha letteralmente estorto l’appartamento della contessa Enrichetta Lucifero, con uno strano giro di perizie e aste e amiche che lo rappresentavano o gli facevano confidenze. Cioè, per spiegare a chiare note: il giudice Salvatore Curcio della DDA di Catanzaro era a capo dell’armata che ha eseguito le procedure dello sfratto dell’antica Signora. Dietro le quinte. E poi non tanto! Oltre che magistrato ottimo regista! Nell’articolo di c.s. (non sarà mica Curcio Salvatore?) si legge che:


”I fatti al centro dell’inchiesta, infatti, sono accaduti nel settembre del 2000. In quella circostanza la contessa Lucifero fu protagonista di uno sfratto da un vecchio palazzo di Soverato, che contestò con tutte le sue forze. Secondo l’ipotesi accusatoria, al momento dell’arrivo dell’ufficiale giudiziario chiamato ad eseguire lo sgombero, la donna vi si barricò dentro, rifiutandosi di portare via le sue cose…”.
Per farla breve intervennero i carabinieri che si trovarono inaspettatamente davanti la vecchietta, 75 anni allora, nata nell’anno del Signore 1925, alta non più di un metro e cinquanta, con un peso di nemmeno quarantacinque chili, che impugnava coraggiosamente un revolver Hdh Liege calibro 38 matricola 34.
Mi  chiedo se alla vecchietta fosse stata tolta di mano l’arma per leggere la matricola, invece parrebbe di no, perché hanno chiamato l’avvocato Lupis per calmarla! Forse che l'avvocato avesse anche una specializzazione in psichiatria? Non risulta agli atti! E guarda caso i militi invitano l’Avvocato Lupis a colloquiare con la vegliarda "fuori di testa”, in una camera all'interno, da soli! Che delicatezza! Come quando ti mettono, mettiamo, la cocaina in macchina, parcheggiata in strada e poi, strana coincidenza, appena ci sali sopra, poco dopo ti fermano per un controllo di routine e... ti scoprono la polverina! Oppure, quattro anni dopo, ti “ritrovi”, guarda il destino, una pistola nella sacca a mano poggiata su un sedile all'aeroporto in attesa della partenza e, quando arrivato il momento dell’imbarco, tu ignaro, depositi la tua sacca sul nastro rotante al controllo, e toh: suona tutto: allarme, allarme, un'arma in volo. Paura nei cieli! E di chi è quella sacca a mano? Dello sbadato, rincoglionito Avvocato Lupis che trasporta in aereo con sé una pistola. Lui che in aereo ci vive. Deve essere impazzito. Da internare in manicomio. Ma siccome i manicomi non ci sono più, per non lasciarlo a piede libero, visto che è un pericolo per la società, lo incarcerano. Per rieducarlo. Particolare fondamentale, quel giorno non funzionavano le telecamere all’aeroporto! Siamo in Calabria, mica in Italia! Ancora, viene chiesto di controllare le impronte digitali sull'arma, ma guarda caso, le impronte non ci sono più. Il poliziotto quando ha visto l'arma sul monitor dentro la sacca, colto dall’euforia della scoperta, impavido l'ha estratta a mani nude cancellando tutte le impronte e lasciando verosimilmente le sue. Avrà fatto il tirocinio al parco Don Gnocchi?

Indagini degne di Cuba. Con rispetto parlando… Altro che RIS di Parma!

Nel gioiello di prosa del “Quotidiano di Calabria” ancora leggiamo: “ A quel punto, era entrato in scena l’avvocato Lupis, al quale i militari avevano permesso di parlare da solo con la contessa, in qualità di suo legale, per tentare di farla ragionare… durante quel faccia a faccia all’interno dell’abitazione “contesa” però sarebbe avvenuto qualcosa di poco chiaro…”

Uno scambio di pistole ipotizza la Procura, la contessa consegna il revolver incriminato all’avvocato Lupis e l’avvocato, che notoriamente gira con in tasca una serie di revolver giocattolo, di varia tipologia, dà uno di questi alla contessa. Quello corrispondente al modello puntato contro i militi dalla “matta”! Semplice no? In un mese di settembre in cui le pistole si possono solo portare nelle tasche dei pantaloni, non portando cappotti o impermeabili. O il nostro Avvocato portava valigette sospette con sé? Continuiamo a leggere l’articolo: “... Da qui l’accusa mossa all’avvocato di aver portato fuori dall’abitazione il revolver. Accusa di cui dovrà rispondere al tribunale di Catanzaro..." Nella tana del lupo!

Ci si chiede come mai, con un'arma puntata addosso, i nostri impavidi tutori della legge da una parte rimangono pietrificati e chiedono all’Avvocato Lupis di fare da mediatore con la nobildonna Lucifero Enrichetta per farsi consegnare l’arma ma dall’altra riescono addirittura, con una vista ad infrarossi e una freddezza da paura, a estrapolare tanti dati riguardanti l'arma in mano alla vecchia, compreso un numero di matricola che notoriamente non è appeso a un cartello.

E ancora, il comandante della coraggiosa brigata all'epoca aveva dichiarato di essersi vista puntata addosso una pistola automatica…

E ancora, l'avvocatessa Vincenza Matacera, ha dichiarato si trattasse di un tubo di ferro ricurvo, essendo anch' Ella presente al fattaccio, come legale della terribile nonna Abelarda al momento dei fatti, insieme all'Avvocato Lupis. C’è più di qualcosa che non torna.

Troppe cose ci sarebbero da dire e si diranno, a meno che non si decida dall'alto di tapparci la bocca con un bizzarro incidente, per esempio. O con il carcere duro ancora per calunnia!

La contessa doveva consegnare spontaneamente l’appartamento al magistrato Curcio Salvatore. Cosa che avvenne! Curcio Salvatore comprò quell’appartamento requisito! Ad un prezzo di favore. Una perizia di un geometra che contestava quella precedente di un ingegnere. Con conseguente svalutazione dell’attico con un notevole calo di prezzo! Non vorremmo essere razzisti! Ma la perizia di un ingegnere, al tribunale di Catanzaro in Calabria, vale meno di quella di un geometra? Fate i vostri commenti! Noi facciamo i nostri! (per saperne di più su questa storia consultate il portale web su internet che è : www.frontemediterraneo.it)

Il nostro valentissimo Curcio Salvatore fu per questo inquisito insieme ad altri soci. Per truffa, falso in atto pubblico ed abuso di potere.

E denunciato per questo. Da chi? Denunciato dalla contessa in età, antica ma non rimbecillita, e assistita dal suo legale. E di chi parliamo? Dell'Avvocato Giuseppe Lupis naturalmente.

Dovete sapere cari lettori che l'Avvocato Lupis, chiaramente innocente da queste farneticazioni istruttorie nate da menti perverse, ha chiesto più volte che il processo si celebrasse in altra sede, in altro tribunale, per la semplice ragione che al tribunale di Catanzaro opera, stante precedenti carichi penali, e parte in causa, il chiarissimo Curcio Salvatore. Di conseguenza, per una questione di incompatibilità, il nostro Avvocato non dovrebbe essere giudicato dai compagni di tale valente giudice, impossibile che vi sia imparzialità.

Perché dovete ancora sapere che la volontà è quella di condannare l’avvocato Lupis, perché l’Avvocato rompe i coglioni! E la storia del lupo e l’agnello e il lupo non è l’avvocato Lupis, nonostante la similitudine del nome, ma i nostri prodi magistrati della DDA di Reggio Calabria e di Catanzaro e l’agnello da sacrificare è Giuseppe Lupis. Questa è la triste annunciata realtà, ad ora. A meno che non ci sia un impeto di coraggio, correttezza, preparazione e onestà e allora ad ognuno le proprie colpe. E non certo da addebitare a Giuseppe Lupis ma a Curcio & Compagni.

Caro il mio articolista c.s. informati meglio e dilla tutta la verità prima di scrivere quelle quattro righe. E se la verità non la conosci, taci! O se la conosci e la contraffai, vergognati!

Questa è una storia che grida vendetta! E non dite che questa è una minaccia e vi voglio fare fuori, sareste capaci! Come siete stati capaci di imbastire una delirante storia kafkiana sulla vecchia e l’avvocato che avevano ordito quella sceneggiata per ammazzare, il giorno dello sfratto 25 settembre 2000, Curcio Salvatore! Queste modalità non fanno parte del codice genetico e comportamentale dei nostri due sventurati protagonisti. Loro hanno usato la penna e il computer come arma, per scrivere e firmare denunce legittime. E comunque, l’Avvocato Lupis ha “disarmato” la contessa, non l’ha armata, dunque come poteva volere ammazzare Curcio Salvatore?Nessuno ha mai voluto ammazzare nessuno, tanto meno Curcio Salvatore. Cui prodest? Forse l’uomo ha voglia di morire e sogna una morte “eccellente”. O, più semplicemente, è alla ricerca di notorietà giornalistica, come molti suoi colleghi che, invece di studiare e riposare, silenziosamente, fanno le dive dalle pagine dei tabloid e delle tv. La punizione più dura per questi soggetti non è la morte, che speriamo arrivi solo quando l’Altissimo deciderà, siamo fedeli e credenti in Dio anche se fuori moda in questi tempi laici che fanno tanta tendenza e intelligenza! La punizione per questo tipo di soggetti è la loro stessa vita da vivere, avvolta dall’ignoranza e dalla protervia. Una vita buia nonostante i riflettori accesi del potere. E’ una storia che fa rattristare!

26 gennaio 2007


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